Perché diciamo «ciao» per salutare?
Le parole ci appassionano. Ci dilettiamo a giocare con la loro plasticità, la loro sonorità, la loro polisemia... E amiamo tutto ciò che ci consentono di fare.
Siccome è viva, la lingua muta e si trasforma costantemente. E le parole hanno una vita molto ricca e attiva. Nascono, vengono prese in prestito da altre lingue, cadono nell'oblio, vengono prestate ad altre lingue, rinascono con altri usi, prendono altri significati...
E anche nascondono delle storie. Come sono nate? Dove? Come venivano usate prima? Come vengono usate adesso? Alcune di queste storie sono davvero stupefacenti.
E poi ci sono modi di dire, adagi, frasi celebri, proverbi... tutto un mondo da scoprire. Ci aspettano tantissime opportunità per chiedere
(e chiederci) «Lo sapevi che...?».
Scritto da: Erika Cosenza
Data: 18-1-2022
L'origine della parola «ciao»
Probabilmente tra le parole più usate della lingua italiana, l’interiezione «ciao» ha un'origine inaspettata: il termine, infatti, deriva da «schiavo».
Anticamente, come segno di rispetto, si usava la formula di saluto latina servus, a indicare la disponibilità verso un superiore. Nel corso del tempo il latino si è mescolato all’italiano e servus è diventata «schiavo». L’espressione «schiavo vostro» o «servo vostro», comune secoli fa, si ritrova, tra l’altro, nelle commedie di Goldoni (1707-1793).
Nel ʼ900, il veneziano ha modificato ancora la parola e l'ha trasformata in sciavo. Da s’ciavo a s’ciao a «ciao», il passo è breve.
Il «ciao» come lo conosciamo oggi, entrato nell’uso comune solo nel corso del Novecento, ha percorso un lungo camino e si è trasformato nella parola italiana più conosciuta e popolare in tutto il mondo, insieme a «pizza». Tanto è così che è stato pure scelto come il nome della mascotte di Italia '90.